Appunti di deontologia, anno accademico 2011/2012.
Argomenti trattati:
• Newton - I professionisti e l’etica professionale negli Stati Uniti
• M. Bayles. La relazione professionista-cliente: un modello etico
• E. Greenwood - Che cos’è una professione
• Etica degli affari e pubblico servizio
• La teoria morale
• L'etica degli affari
Appunti di deontologia
Appunti di Marianna Tesoriero
Università degli Studi di Messina
Facoltà di Scienze della Comunicazione
Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione
Esame di Deontologia
Docente: Prof. Neri
Anno Accademico 2011/2012
DISPENSE DI DEONTOLOGIA.
L.NEWTON - I PROFESSIONISTI E L’ETICA PROFESSIONALE NEGLI STATI UNITI.
In un momento della storia degli Stati Uniti ben noto per la sua turbolenza, la metà degli anni ‘60, momento in
cui tutte le altre strutture sociali (ben consolidatesi negli anni ‘50) sembravano cadere a pezzi, le professioni
dimostrarono di avere ancora un forte senso delle loro missioni e uno stabile insieme di norme attraverso le
quali fare il loro lavoro, questo in virtø del rapporto tra la funzione svolta da una professione e l’etica
professionale, o i codici etici, che la professione aveva sviluppato nel tempo.
“Professione” in USA è definito attraverso un caso paradigmatico piuttosto che da condizioni necessario o
sufficienti; il caso di cui parlo è quello del medico che esercita da solo, si occupa del proprio studio e tratta
principalmente i suoi pazienti; la professionalizzazione delle altre attività misurata in rapporto a questo
paradigma.
Per la società come un tutto, professionalizzazione è l processo attraverso il quale autorizziamo qualcuno del
nostro gruppo a svolgere per noi certi compiti sociali, essenziali x il benessere della società, compiti che non
possono essere svolti senza competenza, autorizzazione e impegno individuale a tempo pieno.
Esistono 4 condizioni che mostrano come l’etica professionale ne derivi:
Il professionista svolge un compito essenziale nelle società. Bisogni ricorrenti ci portano ad affidare certe
aree della vita a persone dedite a servirci in queste aree, di conseguenza risulta necessario il requisito del
servizio per il bene comune, e l’obbligo fiduciario del professionista di porre i bisogni del cliente al di sopra
dei propri, tale è una costante in tutte le professioni.
Il professionista possiede delle conoscenze superiori alle nostre. Storicamente tali si ritenevano di origine
divina; oggi abbiamo sostituito alle credenze sovrannaturali la fiducia nella potenza dell’educazione tecnica.
Dalla competenza deriva la giustificazione dell’autonomia professionale. Nessuno, privo delle competenze
richieste, può giudicare la prestazione di un professionista nello svolgimento del suo compito, sicchè il
professionista stesso è il proprio giudice, salvo che il controllo collegiale, esercitato da un corpo di
professionisti ugualmente esperti limiti la sua libertà di praticare come lui vorrebbe.
Dall’autorità sulla formazione deriva l’autorità sulla certificazione delle competenze richieste, e questo è il
primo elemento del controllo sull’entrata nella professione.
Il professionista esercita un potere in base a una speciale licenza che viene dalla società, e usa la propria
competenza x servire il cliente. L’esercizio del potere è un argomento centrale nello studio dell’etica delle
professioni, nel quale è insita un’intrinseca uguaglianza di potere nel rapporto tra professionista e cliente: il
cliente ha un bisogno che deve essere esposto molto spesso con un costo in termini di privacy e dignità
perchØ il professionista sia in grado di aiutarlo, ma non altrettanta esposizione con pari vulnerabilità, ci si
aspetta dal professionista. L’attività professionale comporta la gestione di questa relazione di potere.
Questo potere deve essere istituito dall’autorità della società intera x essere legittimo. I compiti che i
professionisti svolgono richiedono spesso speciali autorizzazioni: uno speciale permesso è richiesto x
mettere le mani sul corpo di un’altra persona, x imprigionarla, x guarirla, x poter mettere le mani sulle menti
e sulle anime di altre persone. La società non può tollerare che tali cose siano fatte senza una speciale
competenza, tale è un riconoscimento sociale. Da questa esigenza deriva la richiesta generale da parte delle
professioni di cerimonie di pubblico riconoscimento, sia simboliche che legali. I professionisti sono anche
in grado, tramite le loro associazioni e le loro commissioni x il rilascio delle licenze, di espellere dalla
professione i membri che dimostrino conoscenze inadeguate o si comportino in modo immorale. In pratica
però è molto difficile espellere qualcuno dalla professione, ma ai professionisti va bene così.
Il professionista fa ciò che fa a tempo pieno, per compenso e come scelta di vita. Essenziale alla nozione di
professione è la decisione di impegno. Tale impegno include come implicazioni logiche, l’impegno a
servire, fedelmente, il proprio cliente; si impegna ad acquisire le competenze necessarie; si impegna ad
ottenere l’autorizzazione a esercitare. La piø rilevante caratteristica del professionista che lo differenzia dal
dilettante è il fatto che il 1° è pagato x i suoi servizi, ciò gli rende possibile l’esercitazione a tempo pieno
della professione, e lo vincola ad assumere obblighi propri della professione, definisce inoltre il suo status
nella società. Questo è il complesso gioco di impegni che costituisce la professione.
L’ETICA PROFESSIONALE può essere intesa come un insieme di imperativi che derivano direttamente
dalle caratteristiche nonchØ condizioni sopra illustrate. Sei sono gli imperativi piø importanti:
1. Dal primo requisito di servizio derivano gli imperativi di fidatezza e di un obbligo fiduciario verso il cliente,
il professionista deve cioè considerare prioirtari il benessere dei clienti e non sfrutti la loro fiducia a proprio
vantaggio.
2. Dal requisito della competenza deriva l’imperativo di beneficenza, cioè l’usare quella competenza x aiutare
il cliente.
3. Dal potere professionale e dal fatto che il potere è ineguale, derivano gli imperativi di rispettare l’autonomia
del cliente e l’obbligo di rendere paritetico il potere tra i due, un obbligo cioè di giustizia.
4. Dall’impegno personale nel lavoro scelto x tutta la vita deriva l0obbliga di integrità, di coerenza nelle sclete
che determina la storia della vita di un professionista.
Tutte le caratteristiche delle professioni hanno eguale importanza, assegnare priorità a una delle 4 caratteristiche
equivale ad adottare un certa prospettiva sulle professioni, il che porta a riconoscerci in una delle numerose
scuole di studiosi di etica professionale. Dalle differenza di enfasi tra le 4 caratteristiche deriva una differenza
nei pesi relativi assegnati agli imperativi.
1. Per gli autori che privilegiano lan funzione: il rapporto di fiducia con il cliente è prioritario, e la fidatezza ha
il primo posto tra gli imperativi, questa funzione comporta un obbligo rigido verso il cliente noto
giuridicamente come obbligo fiduciario. Il professionista è il fiduciario, il cliente è il beneficiario, e
l’obbligo è tale che il professionista può fare solo ciò che va a vantaggio del cliente. Un professionista dovrà
dunque proteggere il suo cliente dalle interferenza della società in generale.
2. Per gli autori che privilegiano la caratteristica della competenza, l’obbligo principale del campo disciplinare
deve essere quello di continuare ad espandere le sue conoscenze e usare le sue risorse con saggezza. Così la
beneficenza, il fare del bene in virtø della conoscenza diventa l’imperativo piø importante. Il professionista
deve assumersi in questo caso, non solo la responsabilità di tenersi aggiornato ma anche di far avanzare nel
suo campo tali conoscenze rendendo il campo pi completo possibile.
3. Per gli autori che privilegiano il potere, l’ineguaglianza del potere è l’aspetto principale del professionismo.
I professionisti, a detta di Lebacqz, hanno il potere di definire la realtà, mettere il potere al centro della
questione etica significa dare importanza alle norme di giustizia. Giustizia comporta la liberazione di coloro
che sono oppressi.
4. Per gli studiosi orientati alla professione, la vocazione del professionista viene per prima, e quindi l’integrità
della professione e del professionista prende il primo posto. Così il professionista deve difendere
gelosamente la sua autonomia e il suo potere da un controllo non professionale, dovrà quindi difendere la
professione dalle violazioni dell’obbligo fiduciario e da altri abusi di potere (ciarlatanismo).
Questo è il quadro della professione e dell’etica professionale così come è generalmente intesa negli Stati
Uniti.
Si suppone che il professionista sia un lavoratore autonomo che mandi il conto ai suoi clienti. Il professionista
autonomo che ci viene in mente è generalmente il medico o l’avvocato, non l’insegnante o l’ingegnere o
l’infermiera i quali sono professionisti impiegati in grandi organizzazioni burocratiche e devono rispondere a un
superiore.
Il professionista dipendente è guidato nella sua attività non dalla sua vocazione o dai suoi ideali di fidatezza o
prudenza, bensì dalle esigenze dell’organizzazione. La sua professione si riduce in un insieme di capacità in
vendita, detto in altre parole, x lo stipendio. La scelta dei clienti da servire, dei colleghi con cui lavorare, delle
condizioni da praticare e i modi di svolgere il suo lavoro, tutto ciò è severamente limitato. La sua etica
professionale si esprime solo in scelte di scarsa importanza, tipo la scelta di rivolgersi al cliente in modo
rispettoso o arrogante oppure in scelte concernenti la dimissione. Ciò non toglie che il professionista dipendente
possa svolgere il suo lavoro in modo estremamente buono, ma ciò non toglie il fatto che non ha nessun
controllo sulle pratiche. Questa situazione porta ad una continua tensione nei professionisti dipendenti tra lo
status di professionista e quello di dipendente che si risolve in modi diversi nelle diverse professioni: c’è chi
come i professori dei college sono stati capaci di far valere l’integrità del loro status professionale, chi come gli
ingegneri si considerano businessman partecipando alla direzione delle imprese x cui lavorano, chi come le
infermiere diventano frustrate dalla tensione e lasciano la professione.
Sempre piø i nostri professionisti diventano dipendenti, è molto piø probabile che medici e avvocati vengano
assunti in grandi compagnie che trattano i casi in maniera rapida e in serie.
In tali compagnie che ne è dell’etica che guida i nostri professionisti? Che ne è del requisito dell’assoluta
fiducia tra il cliente e il professionista? Che ne è del requisito dell’accuratezza quando il capo dice che potete
spendere solo 5 minuti con il cliente? Il futuro dell’etica professionale negli USA è legato al modo in cui si
adatteranno coloro i quali lavorano da professionisti con le nuove realtà economiche.
Per affrontare questi problemi in modo razionale si devo compiere alcuni passi organizzativi: innanzitutto
ciascuna professione deve al suo interno affrontare i temi dell’etica professionale, dello status professionale,
della legislazione concernente la professione, e del futuro della pratica professionale. Vi sono innumerevoli
organizzazioni professionali e ognuna tenta di affrontare questi problemi a modo suo ma:
1. Nessuna organizzazione professionale ha il potere di obbligare ad associarsi ad essa come condizione
necessaria x praticare la professione.
2. Nessuna organizzazione professionale ha il potere di obbligare i suoi membri a porre attenzione a questi
problemi.
3. L’attuale trend verso i professionisti dipendenti rende problematico il progresso in queste aree dal momento
che una organizzazione professionale ha molti meno servizi per i dipendenti.
4. Ogni tendenza ad esercitare la disciplina in una professione, da parte di queste grandi organizzazioni
professionali, sarebbe probabilmente interpretata come una cospirazione intesa a limitare la concorrenza e
verrebbe bloccata.
La tendenza è a scomporre le professioni e ad occuparsi solo di argomento di rilevanza immediata per i membri.
(gli ingegneri hanno una dozzina di associazioni professionali e ciascuna ha come target un tipo di attività
ingegneristica).
Secondo poi, anche supponendo che ciascuna professione possa organizzarsi di x se, dovrebbe realizzarsi un
network, e una organizzazione sovra gerarchica o federazione tra professionisti, x occuparsi di temi comuni a
tutte. Al momento non c’è un’associazione attiva, non ci sono corsi ne seminari ne pubblicazioni che vengono
da una sola fonte. Ciascun centro di etica degli affari o delle professioni è indipendente. Noi tendiamo ad
organizzarci in modo diversi x scopi diversi. Non vene sono due con gli stessi obiettivi e programmi, gli stessi
modi di finanziamento, lo stesso impegno in termini di principi etici. Noi cerchiamo di parlarci reciprocamente,
di comunicare attraverso newsletter, pubblicando sulle stesse riviste, (tutto questo i professionisti) leggendo e
scrivendo libri di mutuo interesse, ma la collaborazione, il fare network, raramente va oltre queste forme di
contatto.
M. BAYLES. LA RELAZIONE PROFESSIONISTA-CLIENTE: un modello etico.
L’autore esamina 5 modelli etici x l’interpretazione della relazione professionista-cliente evidenziandone i
rispettivi punti di forza e di debolezza. L’obiettivo del saggio in questione, non è di descrivere la relazione
professionista-cliente ma piuttosto di sviluppare un modello etico che regoli la suddetta relazione. L’impulso
della filosofia è quello di generalizzare. L’intento attuale è di sviluppare asserti generali in termini di obblighi,
che possono richiedere comportamenti differenti a seconda delle situazioni. Per sviluppare un modello etico che
abbia il piø ampio campo d’azione, il modello non dovrebbe essere basato su situazioni inusuali in quanto
analisi su tali situazioni possono distorcere quelle normali. L’etica del professionista dovrebbe essere basata sul
tipo usuale di contatto che i clienti medi hanno con i professionisti.
Il problema centrale della relazione professionista-cliente è la distribuzione della responsabilità e dell’autorità
nel processo decisionale, cioè chi prende le decisioni. I modelli etici sono in effetti modelli di differenti
distribuzioni di autorità e responsabilità nel processo decisionale. Si può configuarare la relazione
professionista-cliente come quella in cui il cliente ha una maggiore autorità e responsabilità nel processo
decisionale, il professionista cioè è un suo impiegato; oppure come quella in cui professionista e cliente sono
uguali; o come quella in cui il professionista, a gradi diversi, ha il ruolo principale. Ciascuna di queste
concezioni è stata suggerita da alcuni autori come modello etico appropriato della relazione, e ciascuna trova un
certo sostegno nel senso comune.
Secondo la CONCEZIONE DELLA RAPPRESENTANZA , il cliente ha la parte maggiore di autorità e
responsabilità x le decisioni; il professionista è un esperto che agisce sotto la direzione del cliente. Il cliente
assume un professionista x proteggere o rappresentare qualche interesse, x raggiungere l’obiettivo del cliente. Il
professionista agisce non solo x conto o in nome del cliente, ma anche sotto la direzione del cliente, come in un
rapporto burocratico datore di lavoro-dipendente. Il modello della rappresentanza esemplifica “l’ideologia del
patrocinio”, questa si basa su due principi di condotta: il 1° è che il patrocinante è neutrale o obiettivo rispetto
agli intenti del cliente; il 2° è che il patrocinante è un agguerrito partigiano del cliente, che si adopera al fine di
favorirne gli scopi. Alcuni aspetti di questa ideologia appaiono inevitabili nell’etica professionale. Se i
professionisti accettassero solo clienti di cui approvano gli obiettivi, e non considerassero gli interessi del
cliente piø di quelli degli altri, molte persone con obiettivi inusuali potrebbero non essere in grado di ottenere
prestazioni professionali o scarse prestazioni. Il principale problema del patrocinio è che talvolta si pensa che la
dedizione agli interessi dei clienti possa giustificare qualsiasi azione legittima in grado di favorire gli obiettivi
del cliente, non importa quanto dannosi siano gli effetti sugli altri.
La concezione della rappresentanza relativamente alla relazione professionista-cliente è eccessivamente
ristretta. Una serie di considerazioni indicano i limiti dell’opportuna dedizione del professionista agli interessi
di un cliente e, i limiti dell’autorità del cliente nel processo decisionale. Tali considerazioni concernono nel
fatto che:
1. I professionisti hanno obblighi verso terzi che delimitano i confini entro i quali essi possono agire in nome
degli interessi del cliente.
2. La visione della rappresentanza si presenta piø spesso in occasione della difesa dei professionisti,
specialmente i legali x l’attribuzione delle colpe.
3. I professionisti sottolineano la loro indipendenza di giudizio. I professionisti dovrebbero usare la loro
preparazione ed esperienza x dare giudizi obiettivi. La concezione della rappresentanza ignora questo
aspetto.
4. Eccetto che in casi estremi i professionisti possono accettare o rifiutare specifici clienti, e, salvo poche
restrizioni, possono anche interrompere il rapporto. Conseguentemente la concezione della rappresentanza è
troppo forte. I professionisti devono essere persone anche eticamente libere e responsabili. Per la loro libertà
e x la tutela degli altri essi non dovrebbero rinunciare ad autorità e responsabilità nel prendere decisioni
Secondo il MODELLO CONTRATTUALE dovremmo prendere spunto dal diritto: in diritto un rapporto
professionista-cliente è basato su un contratto, e il concetto morale di un contratto giusto è quello di un accordo
liberamente raggiunto tramite una contrattazione tra pari. Se il rapporto è un rapporto contrattuale, allora ci sono
obblighi e diritti reciproci, “una spartizione di autorità” e responsabilità morale. Dal momento che riconosce la
libertà di due soggetti uguali di determinare le condizioni del loro rapporto, il modello contrattuale ben si
accorda con i valori liberali di liberta e uguaglianza di opportunità. Tuttavia non si trae alcun beneficio dal
trattare come uguali individui che in realtà non lo sono, o dal postulare una libertà inesistente. Vi sono
significative disuguaglianze tra professionisti e clienti. Innanzitutto le conoscenza di un professionista sono
maggiori di quelle di un cliente frutto di una lunga preparazione; secondo un clienti si preoccupa di alcuni valori
basilari come la salute personale, lo status giuridico o finanziario, laddove un professionista no, il cliente di
solito ha in gioco di piø; terzo un professionista ha spesso una libertà di entrare in relazione che al cliente
manca, è spesso in grado di procurarsi altri clienti non allo stesso modo il cliente troverà facilmente un altro
professionista. Quindi, com’è evidente uguaglianza proprio zero!
Secondo il MODELLO AMICHEVOLE invece di vedere il rapporto come una relazione tra due persone
libere e uguali che si trattano a distanza, dovremmo assumere la relazione piø personale. Nel senso che si coglie
piø strettamente l’elemento personale vedendo la relazione come un rapporto tra compagni o amici. Secondo
questa concezione, professionista e cliente hanno una stretta relazione di mutua fiducia e cooperazione. Le
molte difformità tra l’amicizia e la relazione professionista cliente distruggono l’analogia, come Fried riconosce
la relazione si attua principalmente in una sola direzione: il professionista si preoccupa degli interessi del cliente
ma non viceversa. Inoltre i due soggetti non sono uguali. Poi,il coinvolgimento affettivo dell’amicizia è
solitamente mancante, è l’onorario la chiave (Charles Fried l’affianca all’esempio della Prostituzione). Visto e
considerato che le assunzioni di questo modello non sono corrette e l’analogia che lo sostiene è debole, le sue
implicazioni etiche sono infondate. L’amicizia non è necessaria, la funzione di un professionista è quella di
fornire ai clienti dei servizi, e l’accettazione di un cliente è sufficiente a giustificare la speciale attenzione.
IL MODELLO DEL PATERNALISMO concerne che il comportamento di una persona è paternalistico nella
misura in cui le sue ragioni consistono nel fare qualcosa per conto di un’altra persona, in vista del benessere di
quest’ultimo. L’elemento chiave del paternalismo deriva dal fatto che l’agente X agisce incurante del consenso
completamente volontario e informato di Y. La ragione di X è che questi ritiene che l’azione sia tesa al
benessere di Y, senza preoccuparsi del consenso di Y nei confronti di essa. Y può essere incapace di esprimere
il suo consenso o mai interpellato o può aver rifiutato di acconsentire all’azione. L’elemento chiave è che X può
agire anche se Y non acconsente. Nel fabbricare il consenso possono venir celate informazioni, fornite
informazioni false, o pasta una maggiore enfasi su certi fatti piuttosto che su altri. Di solito ciò avviene quando
vi sono azioni che non possono essere svolte senza approvazioni del cliente. Il paternalismo richiede una
giustificazione in quanto implica il fare qualcosa a o per conto di un’altra persona senza curarsi del suo
consenso. Esso dunque nega agli individui la libertà di fare scelte che riguardano la loro vita. A essi manca la
libertà di autodeterminazione. La perdita di controllo sulle proprie vite è una delle ragioni che spiegano
l’interesse della gente x l’etica professionale.
Sono spesso proposti 3 argomenti x giustificare il paternalismo:
1. L’agente ha conoscenze superiori x stabilire cosa sia il massimo interesse di una persona.
2. Il cliente è incapace di dare un consenso pienamente libero (da costrizioni, pressioni psicologiche)e
informato (nel senso della valutazione delle conseguenze di una linea di condotta e delle sue
alternative).dunque le loro decisioni non rifletteranno adeguatamente i loro desideri e non saranno
espressione del loro vero io.
3. Una persona in seguito sarà d’accordo che la decisione era corretta, anche se non lo farà subito, acconsentirà
in seguito.
Per decidere se queste giustificazioni sorreggono la visione della relazione professionista-cliente come
paternalistica, è utile considerare quando degli individui ragionevoli permetterebbero ad altri di prendere
decisioni x loro. Quando gioco ci sono valori considerevoli, mai con piena fiducia.
Come molti autori hanno notato, le decisioni cruciali del professionista implicano scelte di valore. Non sono
semplicemente scelte di mezzi tecnici x dei fini, nonostante anche queste abbiano grande valore. I professionisti
non sono stati addestrati a scelte di valore, ma anche se lo fossero, non potrebbero conoscere sufficientemente
lo schema di valori del cliente x determinare cosa è meglio x lui quando vengano considerate le situazioni.
Sebbene un professionista e un cliente non siano uguali, esiste una sufficiente competenza del cliente x mettere
in discussione il modello paternalistico come appropriato x la loro relazione usuale. I clienti possono esprimere
un giudizio su molti aspetti delle prestazioni professionali. Se a essi manca l’informazioni x prendere decisioni,
i professionisti devono fornirla. Il negare l’autorità e la responsabilità dei clienti con l’adozione del modello
paternalistico significa negar loro la libertà di dirigere le proprie vite. Si propone il cliente come parte attiva.
Non solo il modello sacrifica libertà e autonomia del cliente, ma anche come spesso dimostrato interessi e
valori.
La CONCEZIONE DEL MODELLO FIDUCIARIO è usata dal diritto x caratterizzare la maggior parte delle
relazioni professionista-cliente, relazione vale a dire di un rapporto fiduciario. In una relazione fiduciaria
entrambe le parti sono responsabili e viene data importanza ai loro giudizi. Dal monto che una parte è in una
posizione piø vantaggiosa essa ha degli obblighi particolari verso l’altra. La parte piø debole dipende da quella
piø forte quindi deve necessariamente fidarsi.